Ieri sera, ho seguito con interesse in Tv un servizio dedicato alla coraggiosa figura del nostro Giancarlo Siani, che ha messo in gioco la propria vita pur di condurre il lavoro di giornalista con passione e serietà.
Mi sono chiesto allora, rispetto alla drammatica situazione birmana, cosa accadrà quando i riflettori dell'informazione si spegneranno, riflettori ora presenti solo grazie all'ammirevole lavoro di quanti tra giornalisti e fotoreporter stanno rischiando tutto pur di far conoscere al mondo la sofferenza di questo popolo?
La risposta è forse cruda ma molto semplice: la repressione dell'esercito sarà ancora più violenta.
La coraggiosa opera di denuncia di questi giornalisti deve servire perché la nostra attenzione, quella dell'opinione pubblica internazionale, verso popoli che subiscono violenze ed umiliazioni del genere sia sempre vigile e pronta ad indignarsi e reagire.
E allora poi deve essere compito di una buona politica lavorare perché, questa ed altre tragedie non restino sotto i riflettori dell'informazione solo per qualche giorno, ma vengano affrontate.
Si sbrighi, allora, la comunità internazionale ad istaurare un dialogo concreto con la giunta del dittatore birmano per fermare quanto prima il massacro di migliaia di innocenti.
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